Dedicated to Billy Gault
billy gaultQuanto più veloce potrei correre se invece che con le gambe mi muovessi con il cervello?
Quante più strade mi si aprirebbero davanti se mi accadesse di avere tre occhi?
Quattro orecchie mi consentirebbero di sentire meglio il do che si annida tra le corde del contrabbasso?
 
C'è qualcosa che mi preme forte sulla bocca dello stomaco. Lo stringe. Spinge. Dalla bocca mi esce un grido animale. Non é nuova musica. Anzi, l'ho già sentita. É la stessa musica. La stessa nota. Solo una nota in piú, che si accoda ed accorda perfettamente con tutte le altre giá sentite. A Berlino, in quelle tre settimane di full immersion nelle sottoculture europee. In un laboratorio di Vienna dove la semplice lettura di un brano di Fante fece superare tutte le barriere tra i presenti. In Tailandia. Con Pupè, il Jean Paul Gaultier di Bangkok, che si era innamorato di me, e voleva farmi il culo. Mi ha inseguito correndo in mezzo alle nuvole dense e acri d'oppio dei saloni della casa sopra ai negozi. Passando tra coppie che facevano all'amore. Tra le ragazzine di Chiang Mai, orientali fiere della loro pelle chiara e di fare le puttane a 70 dollari a notte, che per mano mi hanno portato in quell'angusto, appiccicoso, atrio, in quel portone intriso degli odori delle baracche di fritto della strada, a farmi scoprire quanto amore potevano darmi.
Visi del mondo mi accarezzano, danzandomi davanti agli occhi, la coppia di vecchietti davanti al vino rosso quella volta all'osteria a Trieste, le russe da Santoro in via dell'Oca, la birra scozzese, Oban, Singapore, i coffeeshop di Amsterdam, Monaco, Bruges, mosaico perfetto della ricchezza, del mercanteggiare con le Indie, il Buddha dormiente, le mille cose nascoste nella sabbia raccolta con delicatezza sulla spiaggia di Patong, Cape Wrath, dove il mare è proprio crudele, gli scogli della Scozia, a picco, a proteggere le rotte dei capodogli, gli inglesi sbruffoni nel pub di Portree, le messicane alla birreria di Hitler, mondi diversi, pezzi fondamentali di un puzzle cosmopolita, hanno ora tutti un posto dentro di me.
Sogno sempre di vestirmi con piccoli segni delle città, dei mondi, che ho visto, le scarpe scozzesi, la maglietta presa a Monaco, gli occhiali di Londra e tutto ha la sua colonna sonora, in Scozia 4 no Blondes, la Tailandia nascondeva dietro alle sonorità intime per Buddha un mondo tecno, underground, fatto di movenze psichedeliche, l'Olanda era dei Simple Minds di New Gold Dream e di Take It Easy di Marley, Taranto era ska, era reggae, era psychobilly, nei giorni di pioggia il cielo mi apriva le braccia con Iron, Lion, Zion e con Champagne dei Big Audio Dynamite, l'estate, invece, era energia pura, Madness, Cyclon e gli Specials che accompagnavano la lettura della vita di Casanova, e tutto mi affascinava, consumavo rullini interi in foto alla barba di Ali ed al mio cranio rasato, la Germania era tutta dei Pink Floyd e Roma, di notte, dentro alla macchina leggermente agitata dalle onde del traffico, con tutte quelle luci arancio che si riflettevano nei sampietrini intrisi di pioggia, era il degno abito per...
 
mode for trane...
 
...la musica della mattina di un pensionato che, in pantaloni del pigiama e vestaglia di flanella, si alza e scopre che anche stamattina piove, e che per la sua artrite sarà una dura giornata casalinga.
Andando a fare una pisciata in bagno, incrocia la corona d'argento della cornice della foto di sua moglie conosciuta alla segreteria dell'ospedale militare di...
 
...REMEMBER THE MOUTH...
 
...la testa cade sul petto con uno sbuffo di fiato stanco...
 
...REMEMBER THE MOUTH...
 
...un cuore rosso in una distesa di candida neve...
 
Ricorda che lo colpirono le mani, delle sottili ed affusolate mani che, quel giorno, con un unghia spezzata, picchiavano sui tasti di una macchina da scrivere che ormai poteva essere usata solo per uccidere qualcuno spaccandogliela in testa.
Non stava bene.
Pensò che anche ieri sera, guardando Taxi Blues, si era sentito come quella volta davanti a quella scrivania d'ospedale.
Vuoto dentro.
All'ospedale era magro eppure consapevole che in due o tre giorni al massimo tutto sarebbe tornato a girare per il verso giusto, sarebbe tornata la normalità.
Lei lo guardava e gli trasmetteva che sapeva quell'uomo davanti a lei capace di osservare, per un attimo, il mondo da fuori, e poi, affiancandosi piano piano, avrebbe proseguito assieme agli altri.
Davanti a quella foto, ora, si sentiva invece dentro la rabbia che neanche dopo tre anni o tre secoli sarebbe ritornato al passo con il resto del mondo, era destinato a morire lentamente.
Il suo metabolismo, per consumare un uovo sodo ci metteva due settimane, figurarsi per consumare tutto l'amaro che aveva dentro.
Era un organismo lento e, cosa che più di tutto lo infastidiva, tutto indipendentemente dalla sua volontà.
Strusciando con le pantofole di panno sopra alle porose e perennemente grigie piastrelle del bagno ebbe un deja-vous, lui bambino alla finestra della veranda di casa sua a scrivere sul muro di fuori, con il pennarello indelebile...
 
...AIUTO...
 
Gli salì alla gola un qualcosa, una sorta di desiderio bellissimo.
Una specie di sogno ad occhi aperti.
Morire.
Ora.
Lo sentì quasi per caso, come il ronzio di una zanzara dentro alla camera da letto d'estate, poi, come un tarlo, come un cavatappi, si era insinuato sempre di più nella sua testa, rimbombava dentro come un tam tam...
 
falla finita, ormai...
 
...falla finita, ma chi cazzo se ne frega?
 
...FALLA finita, cosa ti costa?
 
...FALLA FINITA, a chi dispiacerà?
 
...falla finita...
 
Cercò di scegliere come e dove ma soprattutto con che musica, con che colonna sonora andare a trovare Dio.
Accese il vecchio ampli, mai cambiato, i led, più pigri e meno luminosi di cinquant'anni prima, iniziarono ad accendersi, il lettore nuovo stonava in tutto quell'insieme arcaico, era una composizione cibernetica a controllo virtuale dell'ambiente sonoro ma lui lo faceva suonare sempre in cd-direct.
Era come quando, appena uscito il suono digitale, disse che mai nulla sarebbe stato meglio del vinile...
Pensò a suo padre che gli faceva ascoltare la musica con un catorcio anteguerra e che in vinile avrà avuto alla grande dieci LP... era l'epoca dei furti dalla radio, brandelli di canzoni catturate con l'antenna e orribilmente impiantate nelle TDK dalla custodia grigia, i primi Guccini, Pink Floyd, Sex Pistols, Bob Marley...
Ora aveva tutta la musica che voleva ingabbiata nella purezza del suono digitale ed iniziò a sfogliare, a scegliere la musica, la più adatta per uccidersi.
Il Requiem di Mozart gli sembrò esagerato ed offensivo, tanta bellezza per la sua morte, lo stupì però il fatto che il primo CD che aveva acquistato nella sua vita fosse anche il primo che gli passava tra le mani ora che stava per andarsene, era da tempo che non riordinava tutti i CD in ordine alfabetico, rivide le sere con quella ragazza che gli invase la mente ed il cuore per quattro lunghi anni e forse di più, risentì gli insulti, garbati come sempre con le donne che si ama veramente, pensò anche di alzarsi per vedere se riusciva a trovare le diapositive di quel capodanno in montagna quando iniziarono a dividersi, ricordò perfettamente la discussione sulla caccia e sentì la millimetrica crepa che si formò tra loro due, l'aveva avuta contro tutta la sera, l'inconscio se ne accorse subito, il conscio appena molti anni dopo sull'aereo che da Roma lo riportava a Trieste, nacque tutto quella notte o, per meglio dire, iniziò a morire tutto, tra quelle lacrime, a mezzanotte, davanti ai bengala, e davanti ad uno spaventoso anno nuovo.
Si ricordò dei CD presi di nascosto in quel locale, quando la mano gli cadde, per caso, ma come se ne fosse stata deviata la corsa da un minuscolo magnete, su di una custodia qualunque, raccolse il CD, tirò fuori il non più tanto luccicante disco d'alluminio e lo mise nel lettore.
Il sibilo del gas si confondeva alla perfezione con il fruscio dell'incisione originale, sentì il suo corpo sollevarsi dalla poltrona e, rapito, essere portato via, tra le corde del contrabbasso, tra le gocce di condensa nel sax, nel polverino minuscolo dei martelletti sulle corde nel pianoforte, tutto si confuse, i colori persero forma, le note si accavallavano soffici...
 
...e fu subito libertà.