Sabato 26 aprile 1986 all’una e 23 di notte, presso la centrale nucleare “Lenin” di Černobyl', in Ucraina vicino al confine con la Bielorussia, a quel tempo ancora repubbliche dell'URSS, nel corso di un azzardato test di sicurezza, un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore numero 4 causò la scissione dell'acqua di refrigerazione e l'accumulo di idrogeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle strutture di contenimento. Il contatto dell’idrogeno e della grafite incandescente con l’aria innescò l’esplosione che scoperchiò il reattore. Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì, disperdendosi nell’aria. Alla gravità dell’incidente si sommò la nomenklatura russa che tacque la notizia, forse nella speranza di risolvere il problema in casa. Ma il vento girò, letteralmente, e le nubi radioattive vennero spinte verso l'Europa orientale. La Finlandia per prima rilevò sensibili variazioni della radioattività e lanciò l’allarme. In breve la nube “coprì” la Scandinavia e, con livelli di contaminazione via via minori, raggiunse Germania, Francia e persino l'Italia. I sovietici non poterono più tacere.
Io andavo ancora a scuola. Ricordo che per paura delle radiazioni vietarono le attività all’esterno. Sospesero i campionati degli sport che si giocavano all’aria aperta. Nelle mense non servivano le verdure fresche, ma c’era il latte munto da mucche che pascolavano all’aperto. Vabbè, il disastro di Černobyl' è stato il più grave incidente nucleare della storia, l'unico al livello 7 (il massimo) della scala INES dell'IAEA, e il mondo intero era un dilettante sul tema del pericolo nucleare.
L’incidente però risvegliò l’opinione pubblica, tant’è vero che alle elezioni politiche italiane del 14 giugno 1987 la vera "novità" furono le Liste Verdi, che ottennero alla Camera quasi un milione di voti. Tra cui il mio, che esordivo così alla prima chiamata ai seggi.
L’8 novembre del 1987 venimmo richiamati alle urne. Essere convocato al voto un’altra volta nello stesso anno mi faceva sentire un vero adulto, saggio, maturo e partecipativo.
Si votò per cinque referendum e tre di questi riguardavano l’energia nucleare. Votò il 65,1% degli aventi diritto.
Il primo quesito chiedeva l'abolizione dell’intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso un sito per l’apertura di una centrale nucleare nel suo territorio. I sì vinsero con l'80,6%.
Con il secondo veniva chiesta l’abrogazione dei contributi statali per gli enti locali per la presenza sui loro territori di centrali nucleari. I sì s’imposero con il 79,7%.
L’ultimo chiedeva l’abrogazione della possibilità per l’ENEL (a quel tempo statalissima) di partecipare all’estero alla costruzione di centrali nucleari. I sì ottennero il 71,9%. Nessuno dei tre quesiti chiedeva l’abolizione o la chiusura delle centrali nucleari. Un vero errore!
Infatti, 24 anni dopo, il governo PdL-Lega è tornato alla carica col nucleare.
Non provo nemmeno a descrivere il disgusto provato alla vista dei “magheggi” industriali e finanziari nascosti tra le righe degli accordi con i francesi per il graduale ritorno al nucleare in Italia. O i costi del nucleare.
Ciò che mi sdegna è l’incompetenza della classe politica italiana. Qualunque schieramento essa rappresenti. Mi indispone vedere tedeschi, danesi, austriaci investire ingenti somme nelle energie da fonti rinnovabili, nella formazione di menti istruite, che pensano moderno, che inventano soluzioni. Mi rammarica che nelle equipe di ricerca di questi paesi ci siano sempre capaci e valenti italiani, scappati dalle paghe da fame della ricerca italiana. Mi fa ribrezzo pensare che a decidere il mio futuro e quello delle generazioni a venire siano 70enni con i capelli (veri o posticci) tinti e l’escort sul sedile posteriore dell’auto blu. Perché, a che futuro possono pensare persone simili? Solo a domani, forse già dopodomani potrebbe essere troppo tardi per loro. E persino peggio poi è il comportamento servile, sottomesso, di quei cittadini che, dovendo scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il loro dovere, scelgono sempre il tornaconto. L’italiano è così. Un po’ per campanilismo, un po’ per insensibilità morale, un po’ per astuzia, un po’ per interesse e tornaconto personale, si dimentica cosa voglia dire essere cittadino civile e segue il più forte invece del più giusto.
La speranza di veder naufragare nella burocrazia e nei veti ogni nuova centrale nucleare in Italia vale poco sapendo benissimo che sul fronte delle energie alternative non faremo niente. Saremo sempre più costretti a comprare l’energia da altri paesi, pagando prezzi sempre più alti, consumando risorse economiche esorbitanti che se spendessimo ora in istruzione consentirebbero il vero miracolo italiano, e non quello a base di coca e furbi che ci circonda.
mauro vascotto