Si scrive destinazione d’uso, ma un po’ dappertutto in Italia si deve leggere deviazione d’uso. A Trieste poi, la contrazione che immancabilmente colpisce le articolazioni delle amministrazioni che si susseguono alla guida della città, o della provincia, che poi non è altro che la città con un paio di migliaia di metri quadrati attorno, ed un paio di migliaia di abitanti in più, ha raggiunto la cronicità, ed ha fatto sì che enormi quantità di spazio, spesso strutturato ed attrezzato, pubblico o privato che siano, abbiano perso l’originario destino d’uso, per deviare, appunto, in qualcosa di diverso, che spesso e volentieri è il NON uso. La semplice, quanto triste e lunga, lista dei luoghi triestini interessati dal fenomeno potrebbe riempire tutto lo spazio dedicato a questo articolo. Troppo spesso le decisioni serie languono tristemente. Soltanto sporadicamente alcune situazioni, troppo eclatanti per rimanere nascoste, hanno smosso qualche giornalista della stampa nazionale, e, più per fortuna e caso, che per vera volontà, si è iniziato, o si sta per iniziare a fare qualcosa. Un esempio è l’ex Ospedale Psichiatrico. Da anni è sempre più colonizzato da strutture ed amministra-zioni pubbliche. Buona cosa. A cavallo tra settembre ed ottobre u.s. è stato anche oggetto di un restyling urbanistico, e diciamo così, giuridico, per farlo diventare parte integrante del territorio urbano. Altra buona cosa. Ma se si va a vedere, e si esce dal tracciato dipinto di fresco, buche, crolli, erbacce, ed abbandono, regnano sovrani. C’è ancora molto da fare, ma almeno qui siamo in moto. Un altro esempio, a caso, è l’ex caserma di via Cumano. Dopo alcuni anni di abbandono è stata finalmente acquistata, ed un giorno o l’altro diventerà case, ed appartamenti per la gente. Troppi però sono ancora i posti dimenticati abbandonati, e troppo spesso non sono le idee, o i danari, a mancare, piuttosto le sinergie. Specialmente ad alto livello. Le tasche pronte a riempirsi, e quelle invidiose per essere rimaste vuote, fanno rimanere tutto immobile. Porto Vecchio e Baia di Sistiana sono gli esempi maiuscoli di questa moda. Per giunta poi, a dirigere le decisioni, a deliberare gli interventi, è sempre più volentieri un’idea del capitale, e non del sociale. Ma in un mondo degenere, questo è normale. L’Ex magazzino vini, per esempio, dopo anni di regno dei ratti, diventerà il regno del duty-free per naviganti della domenica. Darà da vivere ad una proprietà, piuttosto che alla collettività, anche se “approfitterà” del favore che tutti noi gli faremo nel demolirgli il pugno nell’occhio della piscina che ha accanto, per costruirgli una nuova piazza sul mare. E l’ex caserma dei Vigili del Fuoco di largo Niccolini? Da poco si parla che dovrebbe riqualificarsi in un “centro”. Se sociale, abitativo, o commerciale questo ancora non si sa. E che ce ne facciamo dell’Ex Ospedale Militare? Oggi come oggi luogo di culto satanico? E delle decine di servitù militari sul Carso? E di tutti gli edifici, i vani, gli spazi, rimasti vuoti? Indifferente che siano demaniali, pubblici, industriali, privati? Se sono offerti all’iniziativa privata, è con affitti a prezzi commerciali, a volte addirittura superiori a quelli di mercato. E cosa ce ne facciamo dell’Ex Refettorio Pubblico di via Gambini? Ha visto sfamarsi migliaia di indigenti, ed ora si vede mangiato dall’incuria. Non è rispettoso! E non si era detto che i diciannove chilometri dell’Ex Ferrovia Trieste–Erpelle, quindici dei quali salvabili e “restaurabili”, sarebbero diventati pista ciclabile, e percorso salute? Troppo pochi sono i posti all’aperto in città dove svagarsi in sicurezza. La strada è dominio automobilistico. Lo spazio a disposizione per il divertimento di un adolescente è, sempre di più, commensurabile con i mega di RAM con cui fa girare i suoi videogiochi, e quello di un anziano con il numero dei pollici della tv in cui inebria le giornate. Sono soltanto alcuni esempi, i primi che mi sono venuti in mente, della devianza urbanistica che contraddistingue questo territorio, paradossalmente costretto, dal mare e dal confine di stato, a cercare spazio sotto terra, o con sopraelevate antitutto, scordando di averne a sufficienza, forse addirittura in abbondanza, già pronto in superficie. Regolarmente negligentemente dimenticato! Che peccato!
mauro vascotto